.44 MG è il codice che identifica il proiettile della pistola 44 magnum. Pensai ad esso nel momento in cui una serpe travestita e mascherata da amico, mi sparò un colpo a tradimento…

Fa parte del gioco della vita essere presi e usati come un paio di scarpe da tenere fino a quando non sono più utili, o fino a quando non sono più di moda. E’ lo sport più diffuso nella nostra virtuale contemporaneità e si chiama opportunismo, nella migliore delle ipotesi.

Incassato il colpo, mi aggiravo nella mia solita contea polesana, in quel momento avrei disintegrato il primo che mi fosse capitato a tiro, ma avrei anche potuto esternare il mio stato d’animo sfogandomi con una foto, in modo da tramutare i miei nervosismi in energia creativa.

Già sentivo la giusta spinta emotiva e progettuale, le idee erano tante e svariate, dovevo focalizzare.
Il principio di base consisteva nell’esprimere con un concetto quello che in quel momento stavo vivendo, cambiare il quotidiano secondo la mia sensazione, trasformare un semplice soggetto in un messaggio dai contenuti forti.

Il sabato mi trovavo a fare acquisti di vario genere, una occasione piuttosto rara, appena sceso dall’auto sentivo già sintomi di apatia, il fiume di gente che si muove in città nelle giornate primaverili, mette a dura prova il mio sistema nervoso, pian piano le mie tensioni diventarono sofferenza non appena fui travolto dall’onda del “popolo dello shopping” .
Dopo ore in stato vegetativo spostato dalle correnti umane, non so’ perchè, uscii da un negozio comprando una camicia e non era neanche della mia taglia.
Non avevo nessuna intenzione di tornare nel caos per farmela cambiare e fuggii da quel luogo.

Tornato alla base me ne stavo seduto a guardarla e pensavo a come poterla usare.

Decisi in fretta, sarebbe diventata il soggetto fotografico che mi mancava, la guardavo, era perfetta nel suo imballo, piegata bene, un elemento drammatico che avesse sconvolto quell’ordine avrebbe reso l’idea che inseguivo.

La presi e andai subito in cerca di un poligono di tiro, avrei fatto esplodere su di essa un colpo d’arma da fuoco, pensavo avrei fatto presto… Non ero mai stato in un poligono di tiro, non ho neanche mai preso in mano un’arma, andai in quello più vicino alla mia città, il caso volle che fosse aperto proprio il sabato.

Non fu una bella esperienza, andai dal responsabile e impiegai mezz’ora a spiegare ciò che avrei voluto fare e lui impiegò un minuto a farmi cacciare fuori. Non conoscendo il regolamento, non capii la differenza che c’è tra lo sparare ad un bersaglio vuoto e ad un bersaglio con attaccata sopra una camicia.
Mi ritrovai in una selva oscura..

Nei giorni successivi girai qualche poligono, ma la musica non cambiava, impavido mi rivolsi ad amici, che avevano amici cacciatori, che avevano amici con il porto d’armi, che avevano amici che frequentavano un poligono di tiro.
La mia idea era oramai di dominio pubblico e avevo già in precedenza accumulato opinioni negative sul mio conto a causa delle discutibili trovate artistiche, questa mi permetteva semplicemente di continuare a tenere vivo il ricordo nell’immaginario collettivo.

Trovai quindi una persona comprensiva con il porto d’armi, la quale poteva realizzare il foro di proiettile al poligono dove si esercitava, avrei semplicemente dovuto lasciare la camicia e attendere che me la riportasse. Identificai prima il punto a cui mirare e attesi l’avvenuta operazione.
Passato qualche giorno mi fu riportata la camicia con il suo bel foro da proiettile 44 Magnum, che in gergo si definisce .44 MG.
Adesso volevo fotografare il tutto in grande formato, ma desideravo operare in bianco e nero per poi andare a ricreare una ferita dipingendo con il rosso direttamente sulla stampa.
Era necessario creare un intervento che fosse plausibile dal punto di vista balistico, eseguii diversi esperimenti su indumenti usando una vernice rossa con una densità vicina a quella del sangue, feci in modo che si propagasse dall’interno verso l’esterno del tessuto, dovevo essere sicuro della riuscita dell’operazione in quanto avevo una sola possibilità.

Oramai ero pronto, inoltre non avevo più magliette disponibili per esperimenti, preparai in studio il mio set con fotocamera 4×5″ carica, costruii un piccolo contenitore per la vernice e lo inserii all’interno della camicia in corrispondenza del foro, premetti con delicatezza facendo pian piano fuoriuscire la vernice.
A quel punto la chiazza si allargò spontaneamente seguendo pieghe e cuciture, propagandosi in modo omnidirezionale così come io volevo.

Eseguii lo scatto in pellicola POLAROID 55PN e mi misi subito alla stampa per un ingrandimento. La sfida più ardua sarebbe stata quella di riuscire a dipingere quella macchia sulla foto bianco e nero di un rosso provocatorio, ma anche credibile, aprii la vetrina del web e cercai vari tipi di vernice per fotografie, mi diedi alla sperimentazione.
Vinse l’appalto una vernice policroma rossa, si avvicinava molto a quanto io immaginavo, prima di intervenire isolai tutta la macchia nella stampa in bianco e nero, con una vernice spellicolabile per proteggere i margini in caso di sbordature e iniziai con un pennello molto piccolo.
L’operazione richiedette un bel po’ di tempo, ne fui assorbito dall’impegno, ma anche soddisfatto di riscontrare che quanto avessi vissuto era li’ davanti a me, traformato in un’altra foto.

L’immagine realizzata, diventò poi il simbolo della mia mostra personale organizzata nel 2008, la camicia originale invece diventò il libro delle firme, tutte le persone che vennero alla mostra misero il proprio autografo sulla camicia, che ora ha una sua storia e per me un valore importante.

Davide Rossi

 

il lavoro riassunto in una mostra personale intitolata “nerosubianco”, è visibile al seguente link: nerosubianco